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Andrea Doria

INTRODUZIONE

 

“Un pezzo d’Italia se ne è andato, con la terrificante rapidità delle catastrofi marine e ora giace nella profonda sepoltura dell’oceano. Proprio un pezzo d’Italia migliore, la più seria, geniale, solida, onesta, tenace, operosa, intelligente”. Così scriveva Dino Buzzati sulla prima pagina de “Il Corriere della Sera” del 27 luglio 1956, all’indomani dell’affondamento, a largo di New York, dell’Andrea Doria, ammiraglia della flotta mercantile italiana, orgoglio di un’intera nazione considerata da molti, non solo in Italia, la più bella “città semovente” costruita nel dopoguerra.

La tragedia toccata al transatlantico italiano fu la prima vissuta in diretta, a livello mondiale, attraverso il neonato mezzo televisivo e per questa ragione, il nome dell’Andrea Doria rimase fissato nell’immaginario collettivo rendendola ancora oggi una delle navi più ricordate nella storia.

In realtà l’Andrea Doria godette di una propria fama sin dall’epoca del suo concepimento. Essa nacque grazie alla tenace azione diplomatica condotta da Alcide De Gasperi presso il governo americano, con l’intento di assicurare una rapida ricostruzione della marina mercantile italiana, uscita devastata dalla Seconda Guerra Mondiale e indispensabile per la ripresa  dell’Italia quando i trasporti aerei erano ancora poco utilizzati e merci e passeggeri viaggiavano quasi esclusivamente per mare.

Le navi di linea italiane erano state uno dei simboli di maggior prestigio del progresso economico e tecnologico del paese nel periodo tra i due conflitti mondiali. Da mezzi di trasporto quasi esclusivo per gli emigranti (in un secolo di storia l’Italia ne generò 29 milioni) i transatlantici italiani erano divenuti nel giro di pochi decenni un simbolo di eccellenza, apprezzato a livello internazionale, per il servizio impeccabile, per le attrezzature di bordo degne di una moderna nave da crociera, per la ristorazione ma soprattutto per il design e la tecnologia: basti pensare alla conquista del Nastro Azzurro da parte del Rex nel 1933, un riconoscimento del quale pochissime nazioni poterono fregiarsi.

Il dipinto originale di Giovanni Patrone realizzato nel 1952 per i primi manifesti e le prima cartoline dedicati alla nave (collezione Paolo Piccione, Genova).

Al termine del secondo conflitto mondiale il Rex e quasi tutte le altre navi di linea italiane erano state affondate e le poche sopravvissute erano state requisite dagli alleati.

Per far fronte alla mancanza del naviglio necessario a trasbordare oltre Atlantico un enorme ondata migratoria e, nel contempo, trasportare in madrepatria generi di prima necessità per sfamare la popolazione e ricostruire il paese, l’inventiva tipicamente italiana aveva condotto al recupero dei relitti e all’acquisto di qualsiasi bastimento disponibile sul mercato. Questa flotta “raffazzonata” era ben lungi dai fasti del Rex, ma proprio all’Ansaldo di Genova, che lo aveva varato vent’anni prima, fu affidato il compito di realizzare un nuovo transatlantico che potesse esserne un degno successore. L’Andrea Doria fu una vera impresa nazionale, la dimostrazione oggettiva che gli italiani non avrebbero risparmiato sforzo alcuno per restituire agli occhi del mondo l’immagine di un paese ingegnoso e vitale il quale mise a disposizione i suoi migliori ingegneri, architetti, artisti, artigiani e operai per creare una nuova città 

galleggiante ricca di tecnologia arte e buon gusto alla quale consegnare un forte messaggio di speranza come segno di buon auspicio per la rinascita della nazione.

Nelle intenzioni di Gio Ponti, che diede un sostanziale contributo alla regia creativa dell’Andrea Doria, la nave avrebbe richiamato “La Leggenda d’Italia” narrata attraverso l’opera dei suoi migliori artisti e artigiani per mezzo delle incantevoli ceramiche, dei prodigiosi vetri, degli smalti cangianti, delle stoffe meravigliose… quell’Italia, insomma, culla leggendaria di storia e di arte che intendeva dare di se un’immagine positiva per scacciare i brutti ricordi della guerra e richiamare nuovamente turisti stranieri da tutto il mondo.

SCHEDA TECNICA

 

DATA D'IMPOSTAZIONE: 09/02/1950 

DATA DEL VARO: 16/06/1951

VIAGGIO INAUGURALE: Genova - New York  14/01/1953

CANTIERE: Ansaldo Sestri Ponente 

NUMERO DI SCAFO: 918

COMPAGNIA: Societa' Italia

BANDIERA: ltaliana

DIMENSIONI:

LUNGHEZZA FUORITUTTO 213,98 m

LARGHEZZA 27,4 m

STAZZA LORDA: 29083 tsl

PROPULSIONE: 4 turboriduttori Parsons

VELOCITA' DI SERVIZIO: 23 nodi

VELOCITA` MASSIMA:  25,4 nodi

POTENZA: 50,000 cavalli

CAPACITA' ALBERGHIERA:

PRIMA CLASSE: 218

CLASSE CABINA : 320

CLASSE TURISTICA: 703

EQUIPAGGIO: 563

FINE: Affondata il 26 luglio 1956, a largo di Nantucket, dopo esser stata speronata la sera precedente dalla motonave svedese Stockholm

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PIANI GENERALI

CRONOLOGIA STORICA

 

1949, dicembre: firma del contratto depositato con atto pubblico dal notaio Luigi Cassanello di Genova il 28 febbraio 1950.

1950, febbraio 9: impostazione della chiglia senza cerimonia e in forma privata a causa degli scioperi sindacali in atto.

1951, giugno 16: solenne cerimonia del varo presieduta dalla madrina, Donna Giuseppina, moglie del ministro della marina mercantile Giuseppe Saragat durante il governo De Gasperi.

1952, novembre 5: prima uscita in mare per i test preliminari e la taratura degli strumenti nautici.

1952, dicembre 3: inizio delle prove in mare durante le quali, per 54 ore consecutive, la nave punta verso la Corsica per il rodaggio delle macchine e il rilevamento di vibrazioni e rumore.

1952, dicembre 6: ingresso nel bacino numero 3 del molo Giano, nel porto di Genova, per la pesata, il controllo di stabilità, la pulitura e verniciatura finale della carena.

1952, dicembre 9: alle 7 di mattina l’Andrea Doria salpa per le prove di velocità e di consegna finali; a bordo vi sono Federico Barbieri e Giuseppe Rosini (presidente e amministratore delegato dell’Ansaldo), Carlo Linch (presidente della Società Italia) e gli ispettori dei registri navali italiano inglese e americano. La nave supera i 62.200 HP con una velocità media sul miglio misurato di 26,44 nodi.

1952, dicembre 23: l’Andrea Doria salpa da Genova per il suo viaggio inaugurale, la Crociera del Sole che la porta a Casa Blanca, Las Palmas, Funchal, Lisbona, Cadice, Palma di Maiorca e Cannes prima di rientrare a Genova il 7 gennaio successivo.

1953, gennaio 14: alle 11 di mattina, salutata da una grande folla assiepata lungo il viadotto imperiale del porto di Genova (demolito nel 2013), dalle sirene di tutte le navi in porto e dai getti dei rimorchiatori, l’Andrea Doria salpa per la sua prima traversata dell’Atlantico diretta a New York, dove attracca alle 11 del mattino del 23 gennaio successivo; lungo il tragitto fece scalo a Cannes, poi a Napoli e a Gibilterra.

1953, gennaio 30: a mezzogiorno salpa da New York per una crociera ai Caraibi di due settimane.

1953, febbraio 18: rientrata dalla crociera, l’Andrea Doria salpa da New York per la sua prima traversata verso est diretta a Gibilterra, Napoli, Cannes e Genova, dove giunge nel pomeriggio del 27 febbraio.

1953, dicembre 16: l’Andrea Doria effettua il primo scalo a Lisbona che diventerà uno dei porti di toccata durante i suoi viaggi fino al gennaio 1954.

1956, luglio 17: salpa per quello che si rivelerà il suo ultimo viaggio con scali a Cannes, Napoli e Gibilterra da dove prende il largo alle 13:45 del 20 luglio;

1956, luglio 25: alle 23:11 ora locale, in posizione latitudine 40°30’N, longitudine 69°53’W viene speronata al largo dell’isola di Nuntucket presso la costa degli Stati Uniti dalla motonave svedese Stockholm affondando alle 10:09 del giorno successivo.

VIAGGI

 

Come mostrano, con tutta la loro enfasi, i cinegiornali della Settimana Incom del tempo, la prima partenza dell’Andrea Doria dal capoluogo ligure il 23 dicembre 1952 fu seguita da una gran folla di curiosi assiepata lungo il viadotto imperiale del porto.

Circa un migliaio i biglietti staccati per la crociera, di cui 400 in classe turistica offerti a prezzo agevolato dall’ENAL (Ente Nazionale Assistenza Lavoratori) a quanti avevano contribuito alla costruzione della nave. Una sessantina gli inviati speciali delle principali testate sia nazionali che estere. Tra gli ospiti di riguardo la madrina, donna Giuseppina Saragat e il marchese Andrea Doria con la consorte. A sottolineare l’internazionalità dell’evento molte personalità dello shipping straniero, tra i quali il presidente della French Line, M. Jean Marie.

Alle 15:30 i rimorchiatori si avvicinarono all’ammiraglia che, con tre lunghi colpi di sirena, invitava amici e ospiti dei passeggeri a lasciare la nave, dipinta di fresco, intrisa di odori nuovi e impavesata a festa per l’occasione.

Il Natale a bordo fu molto singolare per la giornata calda che aveva popolato le tre piscine; pareva incredibile che a soli due giorni di mare da Genova, incrociando nel Mediterraneo sud-occidentale, il clima potesse essere quasi estivo. Dopo la cena di gala, per la quale le signore fecero sfilare per la prima volta le loro ricercate toilette, poco prima della mezzanotte, i passeggeri si radunarono sui ponti, per ammirare le luci delle coste africana ed europea che si avvicinavano fino quasi a toccarsi in prossimità delle Colonne d’Ercole. Passata la rocca di Gibilterra, il mattino di Santo Stefano l’Andrea Doria fece il suo primo scalo a Casablanca.

Durante la giornata di San Silvestro i giovani, desiderosi di un po’ di tempesta dopo un Mediterraneo eccezionalmente mite, erano stati accontentati, con un’intera giornata di mare forza 6 e venti fino a 120 km/h: la nave tenne il mare egregiamente. Alle 8:15 del 7 gennaio l’Andrea Doria rientrava a Genova dove, in attesa della prima partenza per New York, sarebbe stata aperta alla visita di autorità e cittadini.

Il 14 gennaio 1953 l’Andrea Doria salpava da Genova per la sua prima traversata atlantica, nel déjà vu che ripeteva il festoso carosello di suoni e immagini avvenuto il 23 dicembre per la crociera di rodaggio, grazie a una bella giornata calda e soleggiata, con un cielo e un mare che anticipavano atmosfere primaverili. Dopo il breve scalo a Cannes del pomeriggio stesso, arrivò a Napoli, accolta da un tripudio di folla, con tutto il calore e l’entusiasmo dei partenopei.

La traversata si svolse nella massima regolarità e non mancò l’ingrediente fondamentale che contribuiva da sempre al successo delle unità di linea nazionali: il bel tempo.

Il programma delle escursioni tenutesi durante la prima crociera dell'Andrea Doria.

Un dépliant in lingua inglese per promuovere la prima crociera dell'Andrea Doria.

Il 23 gennaio l'Andrea Doria entrava trionfalmente a New York per la prima volta, dopo aver percorso le 3278 miglia che dividono Gibilterra dalla metropoli americana alla media di 22,95 nodi.Tra lancio di stelle filanti, brindisi sui ponti e l’orchestra di bordo sistemata a poppa ad alternarsi alla banda cittadina sul molo, circondata da una gran folla di persone sbraccianti, a mezzogiorno in punto del 30 gennaio 1953, l’Andrea Doria lasciò il pier 84 per la sua prima eunica crociera ai Caraibi con 559 passeggeri e 10 “clandestini”. Si trattava di parenti e amici di passeggeri che, nel frastuono dei festeggiamenti, dissero di non essersi accorti della sirena e degli altoparlanti che invitavano i visitatori a lasciare la nave. Purtroppo il loro viaggio sull’Andrea Doria sarebbe durato poco e presto un rimorchiatore li avrebbe ricondotti a terra.

Tra gli ospiti di riguardo c’erano le mogli del sindaco di New York e dell’ambasciatore italiano negli Stati Uniti, ma soprattutto molti newyorchesi benestanti di mezza età, in gran parte habituée delle crociere anteguerra della Italian Line.

Dopo due soli giorni di navigazione verso sud e 1420 miglia nautiche percorse, la nave giunse in una delle zone ancora oggi più rinomate dei Caraibi, facendo scalo dapprima a Saint Thomas, nelle Isole Vergini, poi a San Juan de Portorico e a Fort de France, in Martinica. Alle prime luci dell’alba del 6 febbraio l’Andrea Doria giunse a Willemstad, nella colonia olandese di Curaçao.

Gli scali successivi a Cartagena, in Colombia e a Cristobal Colòn, all’imboccatura del canale di Panama, resero possibile esotiche escursioni ai numerosi monumenti dell’epoca coloniale spagnola e lungo i pittoreschi scorci del canale.

Una giornata in Giamaica, isola ricca di corsi d’acqua e cascate, tra vegetazione lussureggiante e spiagge bianchissime, consentì ai passeggeri dell’Andrea Doria di trascorrere alcune ore in pieno relax prima di giungere, il 12 febbraio, all’Avana, per una sosta di 48 ore con visita della città e partecipazione all’intensa vita notturna nei locali sempre animati della capitale cubana.

Filando a oltre 23 nodi di media, l’Andrea Doria rientrò a New York all’alba del 16 febbraio, per prepararsi, due giorni più tardi, al viaggio di ritorno in Italia.

La carriera dell’ammiraglia italiana si svolse con estrema regolarità, favorita anche dalla preferenza accordatale dalla clientela internazionale fino alla tragica sera del 25 luglio 1956 quando, a poche ore dall’arrivo a New York, venne speronata dalla motonave svedese Stockholm che, per un errore dell’unico ufficiale al comando, viaggiava a piena velocità contromano nella nebbia.

CAMPAGNA PUBBLICITARIA

 

Gli anni immediatamente successivi al secondo conflitto mondiale sono caratterizzati da un evidente cambiamento di stile nel modo di pubblicizzare la nave di linea, frutto di molti fattori, principalmente legati alla guerra che tagliò in due il XX secolo. Nel dopoguerra la ripresa dell’emigrazione, la penuria di mezzi, la scomparsa dei grandi e fastosi liner e del pubblico viaggiante con il quale erano in simbiosi, decretò un repentino cambio di stile nell’arte della comunicazione. Inoltre il rapido sviluppo dell’arte fotografica, soprattutto quella a colori, portò alla progressiva estinzione dei ritrattisti delle navi. Prima del conflitto tutto o quasi il materiale pubblicitario delle società di navigazione era caratterizzato da imponenti illustrazioni del transatlantico con suggestive e solitamente esagerate prospettive dei saloni e delle cabine così come di idilliache scene di vita di bordo.

Brochure

I budget risicati e la velocità dei “tempi moderni”, resero la fotografia a colori un’alternativa ideale, rapida ed economica, per le produzioni promozionali cartacee, soprattutto per opuscoli e pieghevoli. Per quanto concerne poster e locandine, invece, gli artisti trovarono ancora degli spazi espressivi per tutti gli anni Cinquanta.

Per un transatlantico dell’importanza dell’Andrea Doria la società Italia destinò comunque risorse adeguate a un lancio in grande stile, utilizzando un mix di raffigurazioni artistiche e fotografie a colori. La convivenza di questi due “sistemi” illustrativi è ben raffigurata dalla campagna pubblicitaria promossa negli Stati Uniti, intitolata “These men have built a ship” (Questi uomini hanno costruito una nave) dove, in attesa che la nave fosse completata e dunque “fotografabile” compaiono illustrazioni di qualità che raffigurano vari artigiani nell’intento di realizzare la nave: tessitori, ceramisti, ebanisti, soffiatori di vetri… Nella medesima campagna pubblicitaria la nave era ritratta dall’alto, di poppa, intenta a sfilare tra luoghi ameni, ricchi di giardini fioriti, che richiamavano luoghi incantati della riviera. La scelta prospettica per la raffigurazione della nave non era casuale. Per la prima volta un transatlantico per la linea di New York aveva tre grandi piscine, tutte sistemate a poppa, su tre terrazze-lido degradanti, particolarmente valorizzate da questa inquadratura. Questa visuale “democratica”, dove tutte e tre le classi parevano godere del medesimo trattamento, accompagnava il loro cambiamento di nome. Pur sopravvivendo una prima classe, la seconda e la terza “scomparivano”, per lasciare il posto alla classe cabina e alla classe turistica.

 

Poster

Non appena la nave entrò in servizio, la Italian Line provvide alla realizzazione di “photocolor” professionali, vale a dire diapositive di grande formato, utilizzando dei modelli. Lo stile e il messaggio pubblicitario delle locandine rimase lo stesso, ma il dipinto fu sostituito da fotografie magistralmente inquadrate e ritoccate che si soffermavano sul tema della cucina, della piscina e delle opere d’arte a bordo.

In Italia il primo ritratto formale dell’Andrea Doria, per poster e cartoline, fu affidato a Giovanni Patrone, ormai affermato “pubblicitario” della società armatrice, che anni prima aveva realizzato in acrilico su tavola simili dipinti per le inaugurazioni del Conte Biancamano, del Conte Grande, della Giulio Cesare e dell’Augustus.

La copertina della prima brochure, in chiave moderna e minimalista, fu affidata a un altro grande maestro del tempo Enrico Ciuti, mentre il poster per il mercato italiano e l’espositore per le agenzie di viaggio in cartone colorato e tridimensionale erano sempre opera di Patrone. Negli ultimi due casi riapparve un tema classico, ma sempre impressivo e molto sfruttato negli anni Trenta: la grande prora, altissima e affusolata, che sfida i grattacieli di Manhattan.

 

A BORDO

 

L’assegnazione dell’incarico per l’arredamento dell’Andrea Doria, così come per tutte le unità consociali del dopoguerra, avvenne per concorso a inviti. La società Italia propose ad alcuni degli architetti più noti al tempo, non necessariamente esperti di allestimenti navali, di presentare il loro progetto per le sale pubbliche della nuova ammiraglia.

Prima Classe

Tra coloro che parteciparono al concorso vi furono Gio Ponti insieme a Nino Zoncada, Matteo Longoni, Gustavo Pulitzer Finali, Antonio Cassi Ramelli (associato a Ettore Rossi ed Enrico Parenti) e Giulio Minoletti. La scelta finale della società armatrice fu quella di suddividere i saloni di prima classe dell’Andrea Doria tra coloro i quali avevano partecipato al concorso.

Tra coloro che parteciparono al concorso vi furono Gio Ponti insieme a Nino Zoncada, Matteo Longoni, Gustavo Pulitzer Finali, Antonio Cassi Ramelli (associato a Ettore Rossi ed Enrico Parenti) e Giulio Minoletti. La scelta finale della società armatrice fu quella di suddividere i saloni di prima classe dell’Andrea Doria tra coloro i quali avevano partecipato al concorso.

Ponti e Zoncada si aggiudicarono il complesso dei saloni sul ponte passeggiata, Pulitzer Finali quello del ponte lance, Antonio Ramelli Cassi (coadiuvato dai colleghi Ettore Rossi ed Enrico Parenti) il vestibolo, gli scaloni e la sala da pranzo, Giulio Minoletti i lidi con piscina di tutte e tre le classi. Più omogenee le realizzazioni della classe cabina, affidata a Matteo Longoni, e della turistica, opera dell’architetto Ratti e del gruppo ANUA di Genova, capeggiato dall’architetto Angelo Crippa.

Gli ambienti più rappresentativi a bordo della nave furono le sale delle due classi superiori situate sul ponte passeggiata, concepite in modo da poter essere utilizzate assieme quando la nave effettuava crociere a classe unica.

La copertina di una lista passeggeri di prima classe; il ritratto dell'ammiraglio Andrea Doria era di Mario Vellani Marchi.

La copertina di un piano delle sistemazioni per i passeggeri disegnata da Giovanni Patrone.

La sala di soggiorno di prima classe, opera di Ponti e Zoncada, era il cuore del progetto degli interni: non più sculture e quadri “appesi ai muri”, ma la parete stessa trasformata in opera d’arte, grazie al dipinto di Salvatore Fiume intitolato “La leggenda d’Italia” che ricopriva interamente le facciate prodiera e poppiera della sala. L’opera era perfettamente integrata nell’ambiente, pensata per adattarsi alle curvature delle pareti e contribuire alla prospettiva dello spazio. L’artista di origini siciliane aveva lavorato a stretto contatto con Ponti alla ricerca di una perfetta integrazione tra arte e architettura.

Nella paratia poppiera il dipinto creava un’ansa e, con una prospettiva sfuggente di archi e scalinate rinascimentali, faceva da sfondo a una grande statua in bronzo di Andrea Doria l’ammiraglio genovese che dava il nome alla nave, opera di Giovanni Paganin. Attigua a questo ambiente si trovava la sala delle feste, dominata da un'altra parete dipinta: “Il banchetto di Nettuno” opera di Piero Zuffi. Lo spazio era circondato dal giardino d'inverno impreziosito da grandi ceramiche di Guido Gambone.

Dalla scalea di prima classe, sistemata tra la sala di soggiorno e la sala delle feste, si saliva alla sala di lettura, sul ponte lance, opera di Pulitzer, il cui punto focale era un grande arazzo della MITA realizzato su cartone dall’artista di origini tedesche Michael Rachlis. Pulitzer aveva previsto lo stesso stile per i due ambienti posti a dritta della sala di lettura, la sala da gioco e quella di scrittura, e per la veranda Belvedere. La divisione tra questi locali era effettuata con pareti di vetro, in parte mobili, in maniera da offrire una prospettiva più ariosa e sfruttare tutta l’aerea come night-club alla sera.

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Tre esempi di programma musicale in prima e seconda classe dell'orchestra di bordo diretta da Ettore Bandel.

La differenza tra saloni di prima e seconda classe era quasi impercettibile, così come le dimensioni. A poppavia degli analoghi locali di prima classe, sul ponte passeggiata si susseguivano gli ambienti firmati da Longoni; la sala di soggiorno aveva pareti in ciliegio decappato con stacchi verticali in acero lucidato ed elementi in alluminio anodizzato oro. Rivestite di quadrotti di pergamena erano invece le paratie della sala delle feste, con pista da ballo in parquet di noce e un grande murale di Felicita Frai.

I muri della sala da gioco erano caratterizzati da pannelli verticali in vinilpelle (un materiale nuovo al tempo), dalle gambe dei tavoli in ceramica di Fausto Melotti e da uno dei due grandi pannelli in rame sbalzato di Ettore Calvelli e Attilio Nani. Il secondo era collocato nella attigua biblioteca, sotto forma di anta scorrevole che copriva la libreria a scomparsa.

L’Andrea Doria era dotata di quattro suite di gran lusso e in una sorta di divertissement architettonico, fu data mano libera a Carlo Pouchain, Giulio Minoletti, Gio Ponti e Nino Zoncada di concepirne una ciascuno. Gio Ponti fu senz’altro il più stravagante: la sua “Suite Zodiaco” decorata da Piero Fornasetti piacque molto al pubblico statunitense. Non c’era un solo elemento nel locale (incluso telefono e coperchio del water) che non fosse ricoperto dai segni dello zodiaco.

Le sale da pranzo, di tutte e tre le classi, erano invece collocate nel ventre della nave, sul ponte vestiboli.

Un altro bell’esempio di continuità stilistica e di arte applicata furono le tre piscine dell’Andrea Doria, con verande bar e lidi annessi. Proprio la necessità di dare forma compiuta e omogenea all’aerea poppiera della nave, dove degradavano dall’alto verso il basso le aree piscina di prima classe, classe cabina e classe turistica, portò all’affido di tutta la zona all’unica mano di Giulio Minoletti il quale si avvalse della collaborazione del noto pittore Lucio Fontana per i mosaici dei rivestimenti.

Oltre alla veranda lido, per i circa 700 passeggeri di classe turistica erano a disposizione cinque sale pubbliche, tutte nella zona di poppa: la sala da pranzo, la sala da gioco, di lettura e scrittura, di soggiorno e delle feste. L’importanza che aveva assunto la classe più economica nel traffico turistico sin dagli anni Trenta fece sì che sull’Andrea Doria le dotazioni, pur semplici, fossero complete e confortevoli, come dimostravano la qualità e l’ampiezza delle cabine, molte delle quali erano intercambiabili e potevano essere adibite alla seconda classe in caso di necessità.

Altre Classi

CUCINA E CAMBUSA

 

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In occasione del primo anno di servizio dell’Andrea Doria, la società Italia e l’Ansaldo pubblicarono una grande monografia dedicata all’ammiraglia, che nelle sue 320 pagine descrive con dovizia di dettagli ogni aspetto della nave. Più di metà di essa è dedicata al settore alberghiero e ai servizi di bordo che facevano di quel bastimento una vera cittadina d’avanguardia.

 

L’Andrea Doria fu davvero un’opera perfetta in tutte le sue forme, un esempio di equilibrio magistralmente interpretato della duplice anima di grande nave di linea e albergo di lusso.
I servizi erano il meglio di quanto ci si potesse aspettare a quei tempi, grazie ad una perfetta organizzazione, apice dell’hôtellerie internazionale, ai cui vertici vi era il capo commissario, che svolgeva la funzione del direttore d’albergo. Ai suoi ordini una schiera di commissari, maggiordomi, maestri di casa, capi alloggi, capi camerieri, cuochi e cambusieri addestrati per soddisfare le richieste più disparate degli ospiti di ciascuna classe.
Osservando il transatlantico durante i suoi scali ci si poteva forse fare l’idea migliore dell’efficienza di quella complessa macchina organizzativa. Una piccola colonna di autocarri accoglieva la nave nei suoi scali: soltanto di provviste se ne imbarcavano circa 90 tonnellate a viaggio.

L’imbarco degli ortaggi freschi durante una delle soste in porto dell’Andrea Doria; la nave costituiva di fatto una risorsa economica importante per i tanti fornitori da cui dipendeva l’approvvigionamento viaggio dopo viaggio.

La tabella viveri della cambusa dell’Andrea Doria era costituita da 900 voci e, per i passeggeri di prima classe a persona, erano a disposizione fino a 7 chili lordi di vivande al giorno, di cui 1300 grammi di carni e insaccati, 600 grammi di patate, 1 chilo di verdure e altrettanto di frutta. Soltanto di uova, ne venivano imbarcate prima di ogni traversata 50.000.

VIP E CELEBRITA'

 

I primi due viaggi dell’Andrea Doria non furono significativi per determinarne il successo presso l’alta clientela internazionale. Salvo poche eccezioni, come era già accaduto, le personalità del tempo disertarono le prime traversate, quando la nave necessitava ancora di messa a punto e di un adeguato addestramento del personale, senza dimenticare la ressa tipica dei viaggi inaugurali che mal si addicevano alla tranquillità e alla privacy che i vip desideravano avere a bordo. Come sperava la società armatrice già dalla sesta traversata i nomi celebri iniziarono a comparire nelle liste dei passeggeri di prima classe, fattore fondamentale per incuriosire la stampa e dunque ottenere un’ottima pubblicità gratuita, grande ingrediente di attrazione per i viaggiatori comuni.

Uno degli attestati di partecipazione alla crociera inaugurale dell'Andrea Doria consegnato agli ospiti al termine del viaggio e firmato dal comandante Calamai.

Nell’aprile 1953 si era imbarcata a Napoli Anna Magnani, a Canne John Ford e a New York Clara Boothe Luce, neo ambasciatrice statunitense a Roma accompagnata dal marito Henry Luce, il potente editore di “Life”, “Fortune” e “Time”. La società Italia poteva così ripetere il successo e i fasti che, prima della guerra, avevano contrassegnato la carriera del Rex e, soprattutto, quella del Conte di Savoia. La Magnani si sarebbe imbarcata nuovamente nell’ottobre del 1954 diretta a New York in compagnia del grande amico Tennessee Williams per girare “La rosa tatuata” che le fece ottenere un oscar come migliore attrice protagonista.

Nel viaggio in cui l’Andrea Doria portava in Italia la celebre e controversa ambasciatrice statunitense vi era anche Geraldine Brooks, particolarmente nota al pubblico italiano per aver recitato accanto a Vittorio Gassman ne “Il ritorno di Lessie”. Tra i molti attori holliwoodiani che frequentarono l’ammiraglia italiana si annoveravano anche Spencer Tracy, Cary Grant, Richard Widmark, Ramon Novarro, Tyrone Power assieme alla moglie Linda Christian, Kim Novak e Joan Crawford. Anche Orson Welles scelse l’Andrea Doria per recarsi negli Stati Uniti assieme alla moglie Paola Mori.

Tra i molti altri artisti noti sia in Europa che negli Stati Uniti vanno ricordati la celebre soprano Renata Tebaldi e i direttori d’orchestra Victor de Sabata, Guido Cantelli, Nicolai Sokoloff, Leopold Stokowski. Vi furono poi scrittori celebri quali John Steinbeck e Archibald Cronin e numerosi uomini politici quali Giulio Andreotti, Domenico Menichella ed Ezio Vanoni. Tra i capi di stato vi furono Nicholas De Kallay, Miklos Horthy, il principe ereditario dell’Afghanistan, Robert Guggenheim e il presidente turco Celal Bayar.

Va infine menzionato George Marshall, ideatore del celebre piano di aiuti all’Europa che portava il suo nome e grazie al quale anche l’Andrea Doria doveva la sua nascita. Il generale scelse la nave per quello che si sarebbe rivelato il suo ultimo impegno pubblico: recarsi a Oslo per ricevere il premio Nobel per la pace.

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